Credo che questa sia una delle esperienze più particolari vissute nella mia vita e che difficilmente dimenticherò. Mi trovo a Barletta, in Puglia, 37°C è la temperatura media e mentre sono in riva al mare ripenso alle due settimane appena trascorse. Sono arrivato qui nel sud Italia per produrre un documentario sul monastero benedettino di San Ruggero, un monastero in riva al mare al cui interno vivono una dozzine di monache.
Le prime giornate sono state un'esperienza di adattamento, sia io che le sorelle interloquivamo timidamente e scrupolosamente, come due cani che non si conoscono, ma mentre mi immergevo sempre di più nella routine del monastero, mentre la confidenza aumentava, iniziai a notare qualcosa di sorprendente.
Le suore, nonostante i sacrifici, l'isolamento, la semplicità della loro vita e il rigore della clausura, irradiavano una gioia contagiosa. Mi meravigliava come potessero essere così felici, rinunciando alle comodità e alle distrazioni del mondo esterno. Mi sembrava quasi un enigma irrisolvibile. La gioia delle monache benedettine nasceva dalla relazione con Dio e con le altre sorelle.
Seppur sia lontano dalla vita cristiana, attraverso la stessa ho apprezzato una nuova forma di felicità, era una felicità che non dipendeva dalle circostanze esterne o dalle ricchezze materiali, ma che sgorgava dal profondo della fede e della comunione con gli altri.
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